martedì 16 novembre 2010



Già da un po' avrei dovuto aggiornare il blog. Ma sono stati giorni un pelo strani.
Come sapete non sono partita per L'Etiopia.
Non mi dilungherò a spiegare sul perché e per come. In molti ne hanno già sentito parlare fin troppo delle mie disavventure. Ormai è diventato un copione che so a memoria... mi sono resa conto di essere ripetitiva.
In molti mi hanno anche suggerito e un po' spronato a scrivere un pezzo sulla mia esperienza con Slow Food. Per ora evito di farlo per un paio di motivi molto semplici: 1. non sarei per nulla obiettiva e la grande delusione la farebbe da padrona nelle mie parole; 2. sono troppo critica verso le analisi poco fondate e sarebbe ipocrita pretendere di avere una visione d'insieme tale da poter trarre delle conclusioni su un mondo così vasto e variegato quale quello di Slow Food, la Fondazione Slow Food per la Biodiversità e Terra Madre.
In ogni caso, ho qualche appunto e chissà che non mi venga voglia di buttar giù due righe in futuro.

Per chi non ha assistito ai miei giorni deliranti di un mesetto fa, dico solo che a poche ore dalla partenza il mio progetto di tesi è stato, per usare un eufemismo, cestinato e sono entrata a far parte della, ho scoperto popolosa, schiera delle "vittime" di una certa superficialità che caratterizza l'ambiente che avrei voluto analizzare.

In tutto questo, la cosa davvero positiva è che in occasione di Terra Madre, in una coincidenza di eventi e sensazioni, Mamma Africa (so che mi perdonerete il lirismo) mi è piovuta in testa nell'unico modo che poteva fare: è tornata. E' tornata, ed aveva il viso famigliare di Darare, le parole confortanti di Patrizia e, soprattutto la figura rassicurante di alcuni compagni di viaggio.

Non so se sia un'esperienza comune a chi ha vissuto momenti intensi in luoghi particolari, però nella settimana seguente a Terra Madre il viaggio in Kenya, a Marsabit, del 2004 è tornato prepotentemente nella mia testa, come non aveva più fatto da molto tempo. Mi ha interrogato a lungo, dandomi comunque il tempo di dare le mie risposte. Ognuno ha i suoi tempi, i miei sono mediamente molto lunghi.

Ed è stato il condividere con i miei compagni di viaggio questo ricordo, anche con poche parole, l'esperienza più dolce di questi giorni.
Grazie.

martedì 19 ottobre 2010

Dilettante allo sbaraglio


Eccoci. Tozzi in trasferta su insistenza dell'altra Tozzi...
forse è giusto così.
Perché un nuovo blog? La risposta per i lettori di Tozzi Fan è scontata. Ma forse è meglio riassumere.
Lunedì 25 ottobre, verso le 18 mi imbarcherò per un volo destinazione Addis Abeba. Parto, finalmente, per la ricerca sul campo, per quel battesimo che ogni giovane/quasi antropologo sogna e teme. Dunque finalmente andrò a fare quello per cui ho studiato tutti questi anni, non che fino ad ora non abbia mai praticato la disciplina, ma effettivamente scollinare verso un altro continente dà alla cosa tutto un altro sapore. Certo, la ricerca a casa nostra è stata sdoganata da tempo e da tempo viene esercitata... però, aimè, il gusto del viaggio come pratica del sapere antropologico mantiene intatto il proprio fascino e il proprio valore.
Negli ultimi mesi,poi, ho scoperto che esistono un bel po' di cose che al classico corso di metodologia della ricerca sociale non vengono neppure menzionate. Insomma, esiste un non detto sulla ricerca antropologica che esce fuori quando lo studente alle prime armi chiede consiglio ai propri professori (i quali rispondono sornioni, quasi a crogiolarsi in quella consapevolezza acquisita nel tempo). Pare che la totale insicurezza per tutto quello che riguarda la logistica del viaggio sia la norma, pare anche che gli informatori che dovrebbero accogliere lo sventurato ricercatore siano soliti a non rispondere a mail o a dare segni di vita. E sembra che un sentimento misto di ansia di partire, angoscia e terrore sia cosa comune. Ecco le regole del gioco che non si trovano sui manuali, ma che anche io ho e sto sperimentando in questi giorni di preparativi.
E devo dire che essere arrivata a pochi giorni dalla partenza viva e vegeta è già un bel traguardo ed è già una bella avventura decidere di partire!
Ma non perdiamo il filo del discorso.
Rimarrò in Etiopia due mesi e mezzo esatti, in cui visiterò e analizzerò alcune comunità inserite nel progetto Presidi della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. L'avventura inizia questo giovedì, con l'inizio di Terra Madre, a cui parteciperò come volontaria e dove incontrerò per la prima volta i mielicoltori etiopi, i miei "oggetti di studio"(definizione infelice, ma reale...).
Molto probabilmente risparmierò a questo blog le questioni che riguardano prettamente la ricerca e proverò a dare spazio ad altro. Sempre sperando di poter usare un certo tipo di tecnologia, altrimenti vi racconterò tutto al mio ritorno.
Sarà una sorta di diario di campo che, nel nel nostro gergo, non è altro che quel quadernetto sempre in mano all'antropologo su cui segnare ed appuntare il lavoro svolto e, soprattutto, è il primo strumento usato per l'elaborazione dei dati raccolti durante l'osservazione... Un diario di campo, però, sempre nello stile Tozzi, perché dubito che il mio essere maledettamente fantozziana scomparirà una volta lasciata l'Europa.
Chiudo segnalando una lettura interessante sia per chi studia antropologia e vuole subire un po' di sano terrorismo psicologico, sia per chi non ne sa nulla e vuole sapere cos'è poi che fanno gli antropologi via da casa. Il libro si intitola "Il giovane antropologo" e racconta gli esordi di un antropologo inglese, è molto divertente!
Allora che dire? Buona lettura e buon tutto!